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Santa Maria La Nuova è il Duomo di Licata. Prospetta sulla piazza omonima e sulla parte quasi terminale del corso Vittorio Emanuele.
Consacrata nel 1509, di cui restano il sontuoso ed artistico fonte battesimale di marmo bianco, dono di Giovanni Caro, signore di Licata e barone di Montechiaro, eseguito tra il 1498 e il 1499 dal Gabriele di Battista da Como, e il bellissimo Crocefisso Nero attribuito a Iacopo e Paolo de Matinali di Messina che lo eseguirono in mistura di legno nel 1469.
All'interno del Duomo si possono ammirare numerose opere d'arte di eccellenti autori tra cui: Fra Felice da Sambuca (1733-1805), Ignazio Spina, Raffaele Politi (Siracusa 1783-Agrigento 1870), artisti della scuola di Deodato Guinaccia.
Un maestoso organo progettato ed eseguito nel 1898 dalla Casa Organara del cav. Pacifico Inzali di Crema.
Nell'abside campeggia dietro l'altare maggiore un grande dipinto su tela (cm. 470x320) con la "S. Natività della Vergine e i Santi Pietro, Paolo e Angelo", attribuito ad un anonimo fiammingo della 1a metà del XVII sec.
La cappella del Crocefisso (m. 16,50x7,80), un'opera realizzata completamente in legno scolpito e finemente cesellato e dorato, è sicuramente l'ambiente più prezioso della Chiesa Madre. Il soffitto è a lacunari lignei, unici a Licata, fu completato nel 1705, il bellissimo altare, pure in legno scolpito, con elevazione coperta da un timpano spezzato sostenuto da un insieme aggettante di colonne tortili, appartiene al maestro Giuseppe Di Bernardo che lo realizzò nella prima metà del seicento. I quattro dipinti su tela della navata (cm.380x200) con scene della Passione di Cristo sono del veneziano Giuseppe Cortesi (1721-1737), mentre di Nunzio Magro (? 1627-Agrigento 1704) sono i cinque ritratti su tela (179x128) di personaggi del Vecchio Testamento. Al licatese Giovanni Spina, invece, appartiene il paliotto dell'altare (1810). Nella pregiata custodia dell'altare il Cristo Nero, "miracoloso e colpito dalla sagitte del turco", una volta pendente dall'arco trionfale della navata, che i Licatesi ritengono sia rimasto annerito dal fuoco delle cataste che i Turchi, durante il sacco seguito all'11 luglio 1553, vi accesero sotto per bruciarlo. Ai piedi della navata un'artistica teca custodisce varie reliquie di Santi e rari documenti, tra cui l'atto di battesimo di San Giuseppe Maria Tomasi e Caro, cardinale teatino, compatrono di Licata. Di grande pregio artistico è la teca d'argento contenente la reliquia della Santa Croce, eseguita dall'orafo licatese Tommaso Balsamo nel 1753 per conto del canonico Angelo Alotti che la donò alla Cappella del Crocefisso.


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